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Il Museo nell’Ottocento | Viaggiare per collezionare | Non uno, ma tanti

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Il Museo nell’Ottocento

L’Ottocento è il secolo che sancisce lo straordinario sviluppo delle collezioni del Museo di Storia Naturale, ma ne decreta anche la perdita di unità.

Nel 1841 i botanici che partecipano alla Terza Riunione degli Scienziati Italiani scelgono l’I. e R. Museo di Fisica e Storia Naturale come sede dove stabilire l’Erbario Centrale Italiano. È la prima di una serie di collezioni a carattere centrale che fanno del museo fiorentino la capitale scientifica dell’Italia preunitaria.

L’importanza acquisita determina che giungano in museo varie raccolte di inestimabile valore scientifico, tra le quali la ricchissima Collezione Targioni Tozzetti, un vero e proprio museo (che include anche la collezione Micheli), radunato nell’arco di oltre un secolo da tre generazioni di scienziati. Dopo la fine del Granducato lorenese, con la creazione dell’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento, che nel 1924 si trasformerà in l’Università, il museo perde la sua unità ed è ripartito in collezioni annesse alle singole cattedre e trasferite presso i vari istituti.

Solo nel 1984 avverrà la ricostituzione amministrativa del Museo come struttura diffusa in varie parti della città.

Viaggiare per collezionare

Fino a tutto il XVIII secolo il materiale esotico che affluisce nei musei è costituito da raccolte radunate da privati che in un secondo tempo le aliena in blocco.

Il primo esempio di una spedizione di raccolta naturalistica organizzata da un museo italiano è rappresentato dal viaggio di Giuseppe Raddi in Brasile nel 1817. Ben presto tuttavia, tale pratica diventerà abituale per i naturalisti in servizio in museo, come ad esempio per Parlatore che nel 1851 compì un’escursione botanica in Lapponia.

È tuttavia dopo l’Unità d’Italia che il viaggio scientifico prende piede, affiancando gli interessi naturalistici a quelli politici ed economici.

Con la nascita della Società Geografica Italiana, fondata a Firenze nel 1867, tale pratica è condotta con sempre maggiore organicità da numerosi esploratori, come il fiorentino Odoardo Beccari. Nei suoi vari viaggi egli arricchisce le diverse collezioni del museo e narra la sua prima impresa a Sarawak, dal 1865 al 1868, nel volume Nelle foreste di Borneo. Il libro, pubblicato nel 1902 e tradotto in più lingue, ispira a Emilio Salgari la saga delle avventure di Sandokan ambientate nei luoghi e tra i personaggi conosciuti esclusivamente tramite la narrazione di Beccari.

Non uno, ma tanti

Nella seconda metà dell’Ottocento i paradigmi del collezionismo naturalistico mutano sensibilmente in virtù dello sviluppo di nuove discipline. Con la nascita della biogeografia l’obbiettivo non è più la sola ricerca di un esemplare per ogni specie, bensì si mira a raccogliere campioni provenienti da località diverse per documentare anche la distribuzione geografica delle specie. Ne è un esempio la Collezione Centrale degli Animali Vertebrati Italiani fondata da Enrico Hillyer Giglioli con serie di decine di esemplari provenienti da tutto il paese come nel caso dei fenicotteri.

Il criterio seriale viene applicato anche nella raccolta di reperti che devono rappresentare le culture umane. Elio Modigliani, viaggiatore scientifico fiorentino, raccoglie importanti collezioni sia zoologiche sia etnologiche in diverse zone dell’Indonesia fra il 1886 e il 1894. Negli scritti dell’epoca viene fatto esplicito riferimento alle serie di oggetti collezionati da Modigliani, inclusa la misteriosa ed affascinante serie di libri pustaha.

 

 

 

Ultimo aggiornamento

19.10.2021

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